Miglioramento continuo e correzione fraterna
Due suggerimenti per trasformare gli errori in opportunità di miglioramento
Venendo da una educazione cattolica, fin da ragazzo ho letto e studiato la Bibbia. Al di là dell’impatto sulla mia vita di fede, con il tempo mi sono accorto che alcuni principi che avevo letto e sui quali avevo meditato hanno anche una possibile e significativa lettura manageriale (ne ho scritto anche nel mio ultimo saggio Alla ricerca del buon management). In particolare, volevo qui ragionare sul tema della gestione degli errori.
Gestire al meglio gli errori vuol dire imparare da essi e cambiare il nostro modo di essere e fare sulla base dell’esperienza acquisita. Tutti sbagliamo: la vera sfida è trasformare l’errore in una occasione di crescita. Ma come gestire gli errori e cosa deve fare un manager per gestire gli errori che osserva nel suo lavoro di ogni giorno? Come gestire chi sbaglia? Con quale atteggiamento di fondo? Ci sono due principi che ho imparato ad apprezzare e, per quel che riesco, ad applicare nelle mie attività quotidiane.
Il primo principio è quello di essere “spietati con il peccato e misericordiosi con il peccatore”. Bisogna sempre riconoscere l’errore e cercare di correggerlo e di evitare che si ripeta. Come dice lo chef Davide Oldani, bisogna solo accettare “errori nuovi” che derivano dall’aver provato nuove strade e non dalla ripetizione di errori già fatti. Al tempo stesso, bisogna interagire con chi sbaglia con lo spirito di chi vuole aiutare l’altro ad imparare e migliorare. Da qui l’essere “misericordiosi”.
Tuttavia, essere misericordiosi non vuole dire accettare qualunque comportamento. Se una persona continua a sbagliare e non si impegna per correggere i propri comportamenti è necessario intervenire. Ma come? In quale modo farlo coerentemente con quanto dicevo?
Da sempre trovo illuminante un passaggio del Vangelo di Matteo (cap. 18):
Se il tuo fratello commette una colpa, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all'assemblea; e se non ascolterà neanche l'assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano.
Questo brano rappresenta in modo splendido il concetto di escalation e di gestione dell’errore. Rispetta la persona e lo accompagna in un percorso di crescita. Al tempo stesso, non indietreggia rispetto al fatto che, se i problemi continuano ad esistere, non si può far finta di nulla.
Gestire l’errore è una delle attività manageriali più difficili e, al tempo stesso, importanti. Ogni manager dovrebbe riflettere su come affronta questo processo e sulle modalità attraverso le quali trasforma un problema (l’errore) in una opportunità di crescita.
Riflessione di grande valore e importanza che spesso nelle dinamiche aziendali non è così presente, ahimè