Sono giorni intensi. Devo acquisire moltissime informazioni, incontrare tanti nuovi colleghi, immergermi nei processi di una azienda articolata, ricchissima di competenze e talenti come è Ferrari. Dopo una decina di giorni veramente frenetici, oggi pomeriggio avevo proprio bisogno di fare una passeggiata in silenzio, senza guardare mail o messaggi né pensare a tutto ciò che devo imparare e poi fare. Volevo silenzio, solo silenzio, non pensare a nulla, svuotare la mente da qualunque emozione o pensiero.
Ho fatto alcuni chilometri e, tornando verso casa, sono passato per il bellissimo giardino pubblico del mio paese. È piccolo, ma grazioso e curato. Sul vialetto che mi portava all’uscita ho notato due o tre ragazzi vicini ad una panchina. Avvicinandomi, ho visto che di fianco alla pachina c’era una lattina vuota di Coca Cola gettata su un prato. Passando l’ho presa. Nel farlo mi sono accorto che in realtà c’erano anche altre lattine e una busta vuota di patatine. Tra me e me, ho pensato che dovessi prendere tutti quei rifiuti e gettarli in un cestino. Ho chiesto ai ragazzi se ne avessero visto uno, ma non mi hanno neppure risposto. Non so se fossero stati loro a buttare quei rifiuti sul prato. Ad essere sinceri credo proprio di no: li avevo visti entrare davanti a me con le loro biciclette e non è possibile che li avessero portati loro. Ma mi ha sorpreso il fatto che non mi abbiano degnato nemmeno di una risposta, né che loro per primi si fossero preoccupati di togliere quei rifiuti e gettarli in un cestino.
Con la mia lattina vuota mi sono incamminato verso l’uscita cercando un cestino. Non ce n’era nemmeno uno. Però, a distanza di circa venti metri l’uno dall’altro, ho visto due cestini per cacche di cane. Io stesso mi ricordavo di averle usate quando avevo la mia Maggie (quanto mi manca!). Ma niente cestini per rifiuti.
Per un attimo ho pensato di posare la lattina, ma mi sono reso conto che sarebbe stato sbagliato farlo, per la cosa in sé e, soprattutto, di fronte a quei ragazzi. A dirla tutta, avrei voluto e dovuto raccogliere anche gli altri rifiuti, ma non sapevo proprio come portarli via. Per cui mi sono tenuto la lattina e sono uscito dal giardino cercando un cestino, un semplice, banale cestino della spazzatura.
Il giardino dista da casa mia circa un chilometro e mezzo e, benchè percorressi la strada circonvallazione del paese, lungo il tragitto non ho trovato nemmeno un cestino della spazzatura. In compenso, ho trovato un altro cestino per cacche di cani. Alla fine, arrivato proprio di fronte al cancello di casa, ho depositato la lattina nel cestino collocato fuori dal mio condominio.
Non ho nulla contro i cani. E so bene quanti accidenti tiravo a Milano quando pestavo qualche “regalo” che un proprietario incivile aveva lasciato sul marciapiedi. Ma ho sempre pensato che qui in campagna un cane che fa i suoi bisogni su un prato sia simile ad un qualunque altro animale che in natura “concima” il terreno con i suoi escrementi. Comunque sia, va bene che ci siano i cestini per le cacche dei cani. Ma perché nessun cestino per i normali rifiuti?
È un episodio piccolo, banale, insignificante. O forse no.
Tornato in casa, mi sono messo a scrivere queste righe con un pensiero fisso: perché sempre di più ci occupiamo di questioni marginali, che certamente richiedono un po’ della nostra attenzione, ma che di certo non segnano i destini del mondo e, contemporaneamente, perdiamo di vista tanti altri aspetti anche più significativi? Siamo sempre alla ricerca delle questioni intriganti, che ci incuriosiscono, e dimentichiamo le piccole e grandi cose che segnano realmente i nostri giorni. Ci preoccupiamo del cambiamento climatico (non tutti, a dir la verità), ma troppe volte non ci preoccupiamo dei nostri gesti quotidiani che nella pratica smentiscono quel nostro più o meno declamato impegno.
Forse dovremmo tornare ad occuparci dei piccoli gesti, delle semplici parole, dei comportamenti quasi invisibili che definiscono il nostro modo di essere, formano la mente e l’inconscio, ci guidano in silenzio nelle nostre consuetudini giornaliere. Non cambieremo il mondo con i proclami, ma ricominciando dalla piccola fatica, dall’intransigente attenzione alle cose minute, dalla perseveranza nei nostri comportamenti quotidiani. È solo così che ci educhiamo (e educhiamo i nostri giovani) all’attenzione vera per i grandi temi che definiscono le sfide di questo tempo confuso: ripartendo dalle piccole semplici cose dei nostri giorni, ciò che viviamo nel nostro quotidiano, il cambiamento anche piccolo che sommato a quello di tanti altri costruisce il nostro domani.
Sento proprio tutto il ragionamento e l’approccio. Grazie molto, Professore.