Qualche giorno fa, in questo stesso “luogo di confronto”, Alfonso scriveva: “Gestire al meglio gli errori vuol dire imparare da essi e cambiare il nostro modo di essere e fare sulla base dell’esperienza acquisita. Tutti sbagliamo: la vera sfida è trasformare l’errore in una occasione di crescita”. Pochi giorni dopo, in un incontro con una classe di studentesse e studenti di terza media in cui si parlava di Intelligenza Artificiale generativa, un ragazzo ha ammesso di essersi fidato di ChatGPT e di aver sbagliato la risoluzione di una espressione matematica. Subito mi sono chiesta: chissà se per questo ragazzo l’errore è stato occasione di crescita? Quando lo diventa e come? Sicuramente non quando, semplicisticamente, pensiamo che non useremo più uno strumento solo perché ha sbagliato una volta. Non è occasione di crescita quando, altrettanto semplicisticamente, pensiamo di delegare ad uno strumento diverso lo stesso compito nello stesso modo, nella convinzione che ci sia, per esempio, una AI generativa migliore. L’errore non ci fa crescere quando non ci aiuta a comprendere che abbiamo bisogno di studiare, approfondire, capire meglio come funziona qualcosa (una macchina in questo caso) e come quel qualcosa può aiutarci a fare meglio.
A fronte di tante sbandierate opportunità legate all’Intelligenza Artificiale generativa, per esempio, non sempre applichiamo nel quotidiano quella che Enrico Galiano definisce, in uno dei suoi libri, “l’arte di sbagliare alla grande”, dalla quale possiamo trarre qualche spunto di riflessione.
Gli errori sono strumenti di scoperta
Galiano sostiene che "ogni errore è una storia in più nel libro della tua vita, e non una pagina da strappare". Gli errori non sono mai inutili e questo messaggio è potente per i giovani che, a volte, vivono gli errori come fallimenti. Finché non sperimentiamo, non facciamo qualche errore e non individuiamo il modo giusto di interfacciarci, per esempio, con uno strumento nuovo come ChatGPT o altri non impareremo a sfruttarne al massimo le potenzialità.
Sbagliare è una forma d’arte
Nello stesso libro di Galiano si legge dell'arte giapponese del kintsugi, che ripara le crepe dell'argilla con l'oro, trasformando un oggetto rotto in qualcosa di prezioso. Un po’ come se “gli errori fossero le crepe dorate della nostra vita". E allora, possiamo chiederci: quante volte scrivendo un prompt apparentemente sbagliato siamo arrivati a un’idea che non cercavamo, ma che ci ha ispirato? Quante volte, grazie a qualche errore, le macchine ci stupiscono e ci aiutano a pensare fuori dagli schemi? Forse, vale la pena sperimentare, correndo il rischio di sbagliare.
A scuola, come nella vita, bisognerebbe rompere il tabù degli errori
L’ilarità generata in classe dall’ammissione dell’errore con ChatGPT del loro compagno ci fa capire che sbagliare, in realtà, non è mai piacevole per nessuno. Come non è piacevole ammetterlo pubblicamente. Dovremmo invece allenarci - a partire dalla scuola - a cercare negli errori insegnamenti utili per tutti.
Le AI generative, proprio come noi, imparano sbagliando. I loro modelli vengono allenati con miliardi di dati e di esempi, e nel farlo generano errori: immagini sfocate, frasi senza senso, pattern incoerenti. Questi errori, però, non sono mai inutili. Al contrario, diventano segnali preziosi per capire cosa non funziona e come migliorare. Lo stesso vale per noi. Sbagliare non è fallire, ma percorrere una tappa necessaria nel nostro apprendimento. Ogni errore ci mostra qualcosa che ancora non sapevamo, che possiamo approfondire e che ci aiuta a crescere.