La responsabilità degli esperti
La scienza e la conoscenza sono meglio dell'ignoranza, ma richiedono sobrietà e discernimento
Sì, è vero, ci sono scienziati e competenti (o presunti tali) che anziché pensare al loro lavoro hanno accettato di diventare fenomeni di costume ai quali giornali e media si rivolgono per parlare della loro vita personale o per avere un commento su qualunque tema interessi o incuriosisca l’opinione pubblica. Altri, hanno pensato più alla loro immagine e ai loro interessi che al progresso della scienza. Hanno sbagliato, certamente.
E quindi?
Ha senso alcuno la sfiducia nella scienza che si sta manifestando ovunque? Ha senso fare la guerra ai vaccini, per citare il caso più eclatante di questi tempi? È accettabile che personaggi senza arte né parte sfruttino paure e dubbi delle persone per creare consenso e seguito?
No, non è accettabile, è un segno della decadenza della nostra società.
Non passa giorno in cui non legga affermazioni allucinanti che mettono in dubbio il lavoro di tanti, troppi scienziati e studiosi. E se è comprensibile che “fragolina48” possa scrivere qualche sciocchezza su un social network, è irresponsabile che questo comportamento sia adottato e/o sostenuto da persone che detengono responsabilità importanti e che dovrebbero avere a cuore il bene comune. Si spaccia l’irresponsabilità dei singoli per “espressione della libertà individuale”. Come se divieti e obblighi fossero di per se stessi una violazione dei diritti delle persone. A volte temo che prima o poi considereremo un sopruso anche l’obbligo di fermarsi quando il semaforo è rosso.
Mi torna spesso in mente la foto di un uomo che fronteggia un’onda che arriva. Tanti “scettici” e “liberi pensatori” mi sembrano persone che per arroganza o paura fanno finta di non vedere o follemente ignorano l’onda che sta per travolgerle.
Tuttavia, gli esperti, gli scienziati, i ricercatori, i professionisti di una qualunque materia hanno un grande dovere e un’enorme responsabilità: devono esercitare discernimento, sobrietà, pazienza, autocontrollo. Non possono comportarsi come amaramente ricordavo all’inizio di queste note. È solo in questo modo che possono costruire quell’autorevolezza e credibilità in grado di sconfiggere o quanto meno combattere lo scetticismo e la stupidità di cui, come società nel suo complesso, siamo sempre più spesso vittime.
Ma c’è di più.
Proprio in questi giorni sto leggendo un breve saggio di Gianrico Carofiglio (Elogio dell’ignoranza e dell’errore) che mi è stato regalato per Natale. Parla tra l’altro dei tanti errori che si fanno in campo giudiziario, civile e economico. Il brano che segue mi pare illuminante:
Gli esperti capaci di fare pronostici affidabili, e in generale di usare in modo proficuo la loro esperienza, sono quelli in grado di osservare le cose, i problemi e (soprattutto) le loro stesse convinzioni da piú punti di vista. Gli esperti sono molto meglio dei non esperti a una condizione cruciale: quando sono capaci di osservarsi, riconoscere i propri errori e correggerli. Quando sono capaci di sottoporre a scrutinio le proprie intuizioni e difenderle solo se e quando hanno retto a tale scrutinio.
Questa dote si chiama metacognizione e richiede una mente aperta, pronta a cogliere tutte le sfumature dell'esperienza, in grado di reagire con prontezza alle sue svolte impreviste.
Insomma, il vero esperto è capace di accorgersi quando sta facendo male qualcosa. Hemingway diceva che una dote essenziale dello scrittore è uno shit-detector (alla lettera, un rivelatore di stronzate) incorporato, sempre in funzione.
Si tratta di un connotato essenziale di ogni vera competenza.
L'assenza di metacognizione è tipica dell'ego mediocre e non controllato. Bene chiarire, per evitare equivoci, che il rischio della stupidità riguarda tutti. Essa è un'attitudine, piú che un destino, e una sua fondamentale caratteristica risiede nella tendenza (che corrisponde a un bisogno ansiolitico rispetto alla complessità che ci inquieta e che spesso troviamo insopportabile) a mettere etichette e ricorrere a schemi, a formulare precipitose quanto categoriche semplificazioni.
In poche parole, sintetizza Carofiglio:
Come ci si libera dall’ego che è ciò che ci impedisce di riconoscere gli errori e la fallibilità e dunque di godere dei frutti di questo riconoscimento?
…
Il vero esperto si riconosce dalla capacità di ammettere la propria ignoranza. L’esperto conosce il perimetro del suo sapere e quando si ritrova fuori da questo perimetro se ne accorge e, se occorre, lo ammette. È capace di dire: non lo so. Una dote fondamentale quanto rara.
Sono pensieri per certi versi ovvi, forse scontati. O forse no. Perché grande è la distanza tra le dichiarazioni di principio, le enunciazioni pubbliche, gli impegni declamati e ciò che la nostra vita esprime e rappresenta, i comportamenti concreti che ogni giorno mettiamo in essere, le relazioni che creiamo e coltiviamo.
Se ci pensiamo, tanti dei problemi che viviamo nelle imprese, nella vita pubblica e nelle relazioni sociali derivano da queste semplici e forse scontate osservazioni. Un grande augurio per l’anno che fra poco avrà inizio è che ce ne ricordiamo un po’ più spesso, mettendole al centro dei nostri comportamenti quotidiani, delle tante scelte che facciamo ogni giorno della nostra vita.
Buonasera Professore, l’approccio che lei auspica dovrebbe essere la base di ogni insegnamento, ricordando che il sapiente, affermava Socrate, è colui che «sa di non sapere».
Buongiorno Alfonso, mi sembra un ottima idea