Come rilanciare startup e Open Innovation?
Bisogna affrontare alcune questioni di fondo che continuiamo a sottovalutare
Si parla tanto di startup e Open Innovation, a volte con toni entusiastici, altre lamentando il fatto che il nostro Paese investa poco e abbia pochi risultati di rilievo. Qualche giorno fa, tra i tanti, ho visto un articolo apparso su EconomyUp che ricorda quanto segue:
Open Innovation 2024, come previsto è stato un anno difficile. Ovunque. Non è stata una sorpresa. Dall’analisi delle risposte che ci avevano dato a fine del 2023 gli Head of Innovation delle principali 100 aziende al mondo circa i budget per il 2024 emergeva una aria di tagli. A fronte di un gruppo di aziende che stabilmente continuava ad aumentare i propri investimenti in innovazione (il 27%), quelle che avevano a piano una contrazione dei budget era sensibilmente in crescita (dal 3% nel 2022 al 27% nel 2024).
Leggo anche questo articolo ricco di dati e che testimonia di una situazione certamente non entusiasmante, specialmente se raffrontata ai trend di altri paesi:
Milano è da sempre un habitat naturale per le realtà imprenditoriali più avanzate e alla frontiera dell’innovazione. Oggi la città metropolitana ospita quasi 3200 startup e PMI innovative, pari a un quinto del totale italiano e con un importante giro d’affari da 2,8 miliardi di euro di fatturato. L’ultimo biennio rappresenta, però, una battuta d’arresto: il numero di realtà innovative è in calo per il secondo anno consecutivo (-3,6% annuo) ed è oggi inferiore del 5% rispetto allo stesso periodo del 2022.
Questo trend non appartiene solo al milanese, ma accomuna l’intera regione Lombardia e l’Italia, come emerge dai dati presentati nella nona edizione dell’“Osservatorio Open Innovation e Corporate Venture Capital” promosso da Assolombarda e da InnovUp in collaborazione con InfoCamere e Politecnico di Milano. In Lombardia e in Italia il calo annuo è addirittura superiore e pari rispettivamente a -4,7% e -4,1%.
Possiamo discutere se questi trend siano realmente negativi e se altre parti di Italia stiano performando meglio. Certamente, se Milano e la Lombardia fanno fatica è difficile affermare che il Paese nel suo complesso possa andare bene.
Perché siamo in questa situazione?
Credo ci siano tanti motivi sul perché quanto meno facciamo fatica. Vorrei ricordarne alcuni citando vecchi post che scrissi parecchi anni fa. Lascio a voi le valutazioni del caso1.
Al Paese non serve solo qualche startup - 21 Luglio 2012
Tutti adesso parlano di startup, troppo spesso dimenticando che alla fine una startup ha successo se viene comprata. E dimentichiamo spesso che se nessuno compra la startup, questa muore. Così come dimentichiamo che se le poche startup di successo alla fine vengono comprate da società straniere […], certamente arricchiamo i giovani “startupper”, ma non facciamo nulla di utile per il nostro Paese.
Noi abbiamo bisogno di far crescere dimensionalmente le nostre imprese, le centinaia di migliaia di piccole imprese che esistono già, per due motivi:
Se crescono dimensionalmente sono più capaci di reggere la concorrenza, di investire, di svilupparsi. Piccolo NON è bello. Quanto meno, non lo è più.
Se le aziende italiane hanno dimensioni mediamente più grandi, allora c’è anche qualche chance in più che siano anche capaci di acquisire startup o quanto meno di diventarne azionisti.
Seminare per la crescita - 9 Novembre 2014
Onde evitare illusioni o scorciatoie, è importante premettere che una condizione abilitante essenziale è l’esistenza di imprenditori, manager, capitali umano e finanziario che investano e scommettano nello sviluppo delle imprese. Non può essere “lo Stato” che le crea, non è suo compito; la storia l’ha dimostrato, anche se troppi ancora oggi se lo dimenticano o fanno finta di non saperlo. Deve essere la “società civile” che si impegna nello sviluppo delle imprese. Certamente, lo Stato deve creare le condizioni perché sia facile e conveniente per le imprese nascere, crescere e svilupparsi. In questo senso la Politica (con la “P” maiuscola) ha un ruolo decisivo da giocare.
Quale?
In generale, un paese deve essere attrattivo, deve cioè rendere conveniente insediarsi e investire a chiunque voglia fare impresa. […] In questa sede vorrei concentrarmi su un tema specifico: come sostenere la nascita e lo crescita delle imprese. Se infatti è indubbio che lo Stato non debba fare l’imprenditore, è altrettanto ragionevole ipotizzare che invece possa mettere in campo misure volte a facilitare e sostenere l’opera di quei soggetti privati che su questo fronte vogliano impegnarsi in prima persona.
Le distorsioni italiche dell’Open Innovation - 16 Aprile 2016
Anche nel caso dell’Open innovation, come in tanti altri ahimè, nel nostro paese è necessario mettere in campo due azioni indispensabili:
Debunking di miti, distorsioni, fanfaluche e banalizzazioni che creano solo illusioni e cocenti delusioni.
Ricostruzione di processi, modelli culturali e competenze vere per sostenere l’innovazione.
Ma, soprattutto, è vitale creare una piena e matura consapevolezza che non esistono furbizie o scorciatoie che ci permettano di essere innovativi: bisogna saper rischiare e investire. Tutto il resto è solo chiacchiera.
Università e competitività del Paese - 23 Dicembre 2019
La ricerca è diversa dall’innovazione. La prima punta a creare nuova conoscenza, anche in assenza di un utilizzazione immediata dei risultati; la seconda ad avere un impatto sulla società. Servono politiche e strumenti coerenti con queste diverse missioni e dinamiche.
Non ci può essere innovazione senza ricerca e, soprattutto, ricerca di base. È la ricerca che alimenta l’innovazione con conoscenze e capitale umano. È quindi innanzi tutto vitale investire in ricerca, anche quando non ci siano prospettive concrete di applicazione. Per questo, è cruciale il ruolo del pubblico e dell’Unione Europea.
Non voglio lamentarmi ripetendo l’ennesimo “l’avevo detto”: il mio punto è che se oggettivamente la situazione non cambia, bisogna convincersi che non si risolveranno i nostri problemi continuando con le politiche e gli strumenti del passato.
Semplicemente così non funziona. E non lo dico io, ma la storia degli ultimi 15 anni.
Ne scrissi anche nel mio saggio del 2020 Il Paese Innovatore.
interessante